Illegittimo il licenziamento del lavoratore con 104 che rifiuta altra mansione. L’azienda non aveva correttamente adempiuto il repechage
La Cassazione con sentenza n. 18063 del 3 luglio 2025 ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente che beneficiava della legge n. 104/1992 per assistenza di un familiare disabile all’80% e che nel corso dei 20 anni di attività aveva sempre osservato un orario di lavoro a ciclo continuo, con programmazione anticipata dei turni e godimento di due giorni di riposo ogni tre.
Il lavoratore, dopo la soppressione della posizione, aveva rifiutato un’altra attività con cambio orario, incompatibile con l’assistenza al familiare con disabilità, ma si era offerto di lavorare in qualsiasi altra mansione anche inferiore pur di mantenere l’orario precedentemente osservato. L’azienda, invece, a fronte del rifiuto, aveva proceduto direttamente al licenziamento senza verificare in concreto la possibilità di una ricollocazione differente.
Si è trattato di una scelta non in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui affinché sia legittimo il licenziamento per GMO è necessario che ricorrano 2 elementi:
- la soppressione della posizione lavorativa;
- l’adempimento dell’obbligo di repechage ovvero la verifica da parte del datore che il lavoratore da licenziare non possa essere assegnato a nessun’altra mansione, anche inferiore.
Ciò nell’ottica che il licenziamento non debba essere arbitrario e debba costituire l’extrema ratio in quanto la conservazione del posto di lavoro è considerato un interesse superiore da tutelare il più possibile.
L’uso aziendale può essere modificato solo con accordo delle parti sociali
Con ordinanza del 30 giugno 2025 n. 17687 la Suprema Corte ha confermato l’orientamento consolidato in materia di usi aziendali ed eventuali modifiche peggiorative.
Secondo la giurisprudenza la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole ai dipendenti integra gli estremi dell’uso aziendale che, essendo diretto, quale fonte sociale, a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con la collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda, agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale.
I trattamenti di favore derivanti dall’uso aziendale, proprio in ragione della loro natura analoga ai trattamenti economico – normativi dei contratti integrativi aziendali, possono essere modificati o soppressi solo con accordo delle parti sociali e non sulla base di un atto unilaterale del datore di lavoro.
Nella specie, per uso aziendale i lavoratori avevano sempre beneficiato di 8 ore annue aggiuntive di permesso retribuite, circostanza che rendeva illegittima l’improvvisa e ingiustificata cessazione dell’uso con comunicazione unilaterale dell’azienda.
Sicurezza sul lavoro. La relazione annuale dell’INAIL
In data 3 luglio 2025 – alla presenza del Presidente della Repubblica – il presidente INAIL Fabrizio D’Ascenzo ha illustrato i dati sull’andamento infortunistico che mostrano un preoccupante picco di malattie professionali e infortuni in itinere e una crescita degli infortuni tra studenti.
Le principali iniziative realizzate dall’Istituto si muovono su 4 direttrici:
- finanziamenti alle aziende che investono in sicurezza;
- agevolazioni contributive per le imprese virtuose;
- campagne formative e culturali per la diffusione dela prevenzione;
- innovazione tecnologica orientata alla sicurezza dei processi produttivi.
Garante privacy: sanzione da 420.000 euro per violazione della privacy di una dipendente
Nella newsletter del 25 giugno il Garante privacy ha pubblicato il provvedimento adottato contro una società che aveva trattato in modo illecito i dati personali di una dipendente, poi utilizzati per giustificarne il licenziamento. In sostanza la lavoratrice era stata licenziata per i contenuti di post pubblicati sul profilo Facebook ad accesso limitato e di chat private su Messenger e WhatsApp.
Il Garante ha applicato alla società una sanzione di 420.000 euro per violazione della privacy e in particolare dei principi di liceità, finalità e minimizzazione in quanto:
- le conversazioni in chat e i commenti pubblicati in ambienti digitali ad accesso limitato hanno carattere privato e come tali sono inutilizzabili a qualunque fine;
- i dati personali presenti sui social network, o comunque accessibili online, non possono essere utilizzati liberamente e per qualunque scopo, solo perché visibili a una platea più o meno ampia di persone.

