La Corte di Cassazione con ordinanza del 28 giugno 2025 n. 17383 è tornata a pronunciarsi sul lavoro durante le festività infrasettimanali, ribadendo alcuni principi ormai consolidati.

Come evidenziato dalla Suprema Corte, il legislatore riconosce al dipendente il diritto di fruire del riposo nelle giornate coincidenti con le festività conservando la normale retribuzione giornaliera, con la conseguenza che il datore di lavoro non può pretendere che il lavoratore espleti la sua prestazione in quelle giornate. Tuttavia, è possibile che le parti, di comune intesa, stabiliscano che l’attività produttiva, e quindi la prestazione lavorativa, abbiano normale corso anche nelle giornate di festività infrasettimanale con obbligo per il datore di lavoro di corrispondere, oltre alla normale retribuzione giornaliera, anche la paga per le ore di lavoro effettivamente prestate con la maggiorazione del lavoro festivo.

A differenza del diritto al riposo settimanale che non può essere oggetto di rinuncia, il diritto al riposo in giornata festiva è rinunciabile mediante accordo individuale o accordi sindacali stipulati da 00.SS cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.

La Corte di Appello di Milano con sentenza n. 302/2025 si è occupata del caso di un lavoratore, addetto all’amministrazione, che aveva – nello svolgimento delle sue mansioni – notato il curriculum di una candidata e, incuriosito dal nome, aveva preso nota del numero di telefono e l’aveva contattata su whatsapp. L’azienda, venuta a conoscenza del fatto, avviava un procedimento disciplinare che si concludeva con il licenziamento per giusta causa, dichiarato legittimo sia in primo grado che in appello perché la condotta del dipendente è stata reputata idonea a ledere il vincolo fiduciario in quanto:

  • è consistita nella violazione della normativa in materia di privacy e delle istruzioni aziendali, considerato che il dipendente era stato adeguatamente formato ed era perfettamente consapevole del trattamento da riservare ai dati personali di cui veniva a conoscenza nello svolgimento della prestazione lavorativa;
  • ha violato l’obbligo di diligenza che impone al lavoratore di attenersi ai regolamenti aziendali relativi ai comportamenti da tenere sul lavoro;
  • ha leso l’immagine e la reputazione dell’azienda.

Il cd. decreto Omnibus (Decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95) – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 giugno – introduce per l’anno 2025 un sostegno economico alle lavoratrici madri, noto come “bonus mamme”, pari a 40 euro mensili, riconosciuto su richiesta

  • alle lavoratrici dipendenti (escluse quelle con contratto di lavoro domestico) e autonome;
  • con almeno due figli e
  • un reddito annuo da lavoro non superiore a 40.000 euro.

Il beneficio spetta fino al decimo anno di vita del figlio più piccolo in caso di due figli.

La medesima somma è riconosciuta anche alle lavoratrici dipendenti e autonome con più di due figli e un reddito non superiore a 40.000 euro annui, fino al mese di compimento del diciottesimo anno del figlio più piccolo, a condizione che il reddito da lavoro non derivi da attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

L’INPS, con messaggio n. 2130 del 3 luglio 2025, ha riassunto le indicazioni in merito alle modalità con cui richiedere le prestazioni di integrazione salariale (CIGO, FIS e Fondi di solidarietà bilaterali) e ai criteri per la corretta valutazione delle istanze presentate in caso di caldo eccessivo.

Nel caso in cui la sospensione o la riduzione delle attività lavorative sia disposta con ordinanza della pubblica autorità, i datori di lavoro possono richiedere l’integrazione salariale utilizzando la causale “sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori. In tal caso, bisogna indicare nella relazione tecnica presente in domanda o allegata alla stessa gli estremi dell’ordinanza che ha disposto la sospensione o la riduzione delle attività lavorative, senza la necessità di doverla allegare.

In caso di caldo eccessivo che non consenta il regolare svolgimento delle attività lavorative, resta ferma la possibilità di richiedere le integrazioni salariali con causale “evento meteo” per “temperature elevate. Non è possibile presentare due distinte domande riferite agli stessi lavoratori e a periodi di sospensione o riduzione interamente o parzialmente sovrapponibili, l’una con causale “sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori” e l’altra con causale“evento meteo” per “temperature elevate”.

In caso di domanda con causale “evento meteo” per “temperature elevate”, la prestazione di integrazione salariale può essere riconosciuta laddove le temperature medesime risultino superiori a 35 °C. Si evidenzia, tuttavia, che anche il verificarsi di temperature pari o inferiori a 35 °C può determinare l’accoglimento della domanda di accesso alle prestazioni di integrazione salariale qualora si prenda in considerazione la valutazione della temperatura c.d. “percepita”, che è più elevata di quella reale (es. attività lavorative svolte in luoghi non proteggibili dal sole, utilizzo di materiali o di macchinari che producono a loro volta calore, impiego di strumenti di protezione, elevato tasso di umidità). Pertanto, la valutazione dell’integrabilità della causale richiesta non deve fare riferimento solo al gradiente termico, come registrato dai bollettini meteo, ma anche alla tipologia di attività svolta e alle condizioni nelle quali si trovano concretamente a operare i lavoratori.

Condividi l'articolo