Investigazioni troppo invasive della privacy del dipendente malato: illegittimo il licenziamento
La Cassazione – con ordinanza del 20 agosto 2025 n. 23578 – è tornata a parlare di investigazioni in ambito lavorativo, mettendo in evidenza i limiti e le condizioni per il loro corretto esercizio. Si tratta, infatti, di uno strumento spesso utilizzato dalle aziende per accertare la commissione di illeciti da parte dei dipendenti come, ad esempio, lo svolgimento di attività incompatibili con l’assenza per malattia o l’abuso dei permessi 104.
Nel caso in esame un dirigente era stato licenziato per aver più volte violato l’obbligo di reperibilità durante l’assenza per malattia, violazione accertata dal datore di lavoro tramite investigazioni. Il dipendente aveva, pertanto, impugnato il licenziamento contestando l’inutilizzabilità del report dell’agenzia investigativa ai fini della prova del fatto addebitato in quanto il controllo era stato effettuato in violazione dei principi di proporzionalità e minimizzazione, sanciti dalla normativa in materia di privacy.
La Suprema Corte – confermando il merito – ha ritenuto che l’azienda avesse operato controlli invasivi sul piano della vita privata del lavoratore in quanto
- effettuati per un lungo periodo (i.e. 16 giorni),
- consistiti in pedinamenti dalla mattina presto fino alla sera e, dunque, ben oltre le fasce di reperibilità,
- coinvolgenti anche familiari del dipendente e terzi,
- evitabili, in quanto sarebbe bastato richiedere la c.d. visita fiscale all’Inps che avrebbe consentito di verificare l’eventuale violazione delle fasce di reperibilità.
NASpI e conversione contratto a termine nullo. Non va restituita
Con una pronuncia a Sezioni Unite la Cassazione ha fornito chiarimenti sulla restituzione del trattamento di disoccupazione evidenziando la netta distinzione tra rapporto di lavoro e rapporto previdenziale in termini di presupposti e finalità (Cass. SS.UU. n. 23876/2025).
Nel caso esaminato l’Inps aveva chiesto la restituzione dell’indennità di disoccupazione poiché il lavoratore convenuto aveva ottenuto la declaratoria giudiziale di nullità del temine apposto ai plurimi contratti stipulati senza soluzione di continuità, con conseguente conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condanna del datore di lavoro al pagamento dell’indennizzo, pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi dell’art. 32, comma 5, legge n. 183 del 2010.
La questione è stata risolta operando una distinzione:
- a seguito della declaratoria di nullità del termine finale apposto al contratto e della conseguente ripresa del sinallagma contrattuale (prestazione lavorativa e retribuzione), viene meno lo stato di disoccupazione involontaria e, dunque, la condizione di fatto per l’erogazione dell’indennità;
- lo stesso non può affermarsi in relazione allo stato di disoccupazione e di bisogno dell’assicurato precedenti all’effettiva ripresa; tale situazione di fatto non può essere travolta nella sua realtà fenomenica ed effettività dalla mera conversione giudiziale del rapporto costituito, ab origine, a tempo determinato, pur fondata sull’assunto del rapporto di lavoro mai estinto per effetto della nullità del termine finale.
Ne consegue che nel caso di accertamento della nullità del termine di durata del rapporto di lavoro – con conseguente ricostituzione ex tunc dello stesso e riconoscimento al lavoratore dell’indennità risarcitoria ex art. 32, comma 5, l. n. 183 del 2010 – per il periodo intercorrente tra la scadenza del termine nullo e la sentenza dichiarativa di tale nullità è dovuta l’indennità di disoccupazione la quale risponde ad una funzione previdenziale, diversa rispetto a quella propria dell’indennità ex art. 32, comma 5 ispirata, invece, alla finalità di forfettizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine.
Capotreno ubriaco a inizio turno. Legittimo il licenziamento
Con ordinanza del 16 agosto 2025 n. 23367 la Suprema Corte ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare del capo-treno che si era presentato in servizio in evidente stato di alterazione e che, sottoposto all’alcool test, era risultato positivo, circostanza che gli aveva impedito di eseguire la prestazione lavorativa.
Il datore di lavoro – nella ricostruzione dei giudici di merito confermata in Cassazione – ha legittimamente applicato la sanzione del licenziamento per giusta causa in quanto la condotta del lavoratore non era punibile con sanzione conservativa. Essa risultava, invece, riconducibile all’ipotesi di cui alla lettera d), art. 64 del CCNL applicabile al rapporto, la quale prevede il licenziamento senza preavviso per le «violazioni dolose di leggi, i regolamenti o dei doveri che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla azienda o a terzi». Il regolamento interno, infatti, imponeva ai dipendenti di astenersi dal consumo di alcol anche prima dell’inizio del servizio, disposizione giustificata dalla necessità dell’azienda di adottare tutte le misure idonee a garantire la massima sicurezza possibile del servizio di trasporto ferroviario.
Il comportamento tenuto dal dipendente, pertanto, è stato considerato certamente idoneo a ledere la fiducia del datore di lavoro nella correttezza dei futuri adempimenti, considerate la sua gravità e le mansioni svolte.
Abuso dei permessi 104. Nuova pronuncia della Cassazione
In linea con l’orientamento consolidato, la Cassazione con ordinanza 24093 del 28 agosto 2025, ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa del lavoratore che in ben 4 giornate di fruizione dei permessi 104 non aveva prestato assistenza alla sorella disabile, dedicandosi in prevalenza ad attività certamente non assistenziali o funzionali all’assistenza (intrattenendosi, invece, al bar e in centri scommesse, recandosi al supermercato, accompagnando il figlio presso un centro sportivo).
È, dunque, ribadita l’illegittimità dell’utilizzo distorto dei permessi retribuiti accordati dal datore di lavoro, e dunque, la necessità del collegamento funzionale tra l’assenza dal lavoro e lo svolgimento effettivo di attività assistenziale.

