Il potere disciplinare del datore di lavoro. Focus su affissione del codice e contestazione

Il potere disciplinare del datore di lavoro è il potere di applicare sanzioni ai dipendenti in caso di inadempimento degli obblighi connessi al rapporto di lavoro.

Per il legittimo esercizio del potere disciplinare è necessario che il datore di lavoro adempia preventivamente l’obbligo di “pubblicità” del codice disciplinare e invii al lavoratore una contestazione che presenti determinate caratteristiche.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Le condotte vietate e le conseguenti sanzioni devono essere conoscibili da tutti i lavoratori affinché possano adeguare i propri comportamenti ai principi generali di diligenza e fedeltà.

Secondo l’art. 7 St. Lav., infatti, «le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti».

Tuttavia, secondo giurisprudenza consolidata la pubblicità del codice disciplinare non è presupposto di legittimità dell’esercizio del potere disciplinare in caso di condotte del lavoratore che:

  • costituiscano violazione di norme penali;
  • contrastino con le regole basilari della convivenza civile (cosiddetto “minimo etico”);
  • violino i doveri fondamentali del dipendente o siano manifestamente contrarie agli interessi dell’impresa e dei lavoratori.

In altre parole, non è necessaria l’affissione del codice disciplinare laddove le violazioni contestate consistano in comportamenti immediatamente percepibili dal lavoratore come illeciti e riconoscibili come tali anche in assenza di specifica previsione (Cass. 11584/2025).

Si pensi al recente caso del dipendente bancario licenziato per aver effettuato l’accesso non autorizzato ai dati di clienti e colleghi tramite il sistema informatico aziendale, condotta che costituisce una grave violazione degli obblighi di correttezza, buona fede e riservatezza nonché della normativa sulla protezione dei dati personali. Come evidenziato dalla Cassazione, tale comportamento compromette il rapporto fiduciario e giustifica il licenziamento per giusta causa, senza necessità di affissione preventiva del codice disciplinare, in quanto la violazione è manifesta e immediatamente percepibile come illecita (Cass. 2806/2025).

Secondo l’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori il datore non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

Dunque, il primo step da compiere per avviare un procedimento disciplinare è l’invio al dipendente di una contestazione che lo informi del procedimento a suo carico e che sia tale da consentirgli l’esercizio del diritto di difesa.

Affinché la contestazione disciplinare assolva alla funzione descritta, deve presentare le seguenti caratteristiche:

  • specificità;
  • immediatezza;
  • immutabilità.

La contestazione disciplinare deve fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari, in modo che non ci sia incertezza circa l’ambito delle questioni sulle quali il lavoratore è chiamato a difendersi.

La contestazione, dunque, deve consentire al lavoratore una puntuale difesa

  • individuando i fatti addebitati con sufficiente precisione, anche se sinteticamente oppure
  • rinviando al contenuto di atti di cui il lavoratore sia già a conoscenza; si parla in tali casi di “contestazione per relationem” che rinvii, ad esempio, agli atti del procedimento penale instaurato per fatti e comportamenti rilevanti anche ai fini disciplinari, purché le accuse formulate in sede penale siano a conoscenza dell’interessato per aver ricevuto un avviso di garanzia o subito una perquisizione domiciliare (Cass. 12973/2024).

La contestazione disciplinare deve essere inviata al lavoratore a distanza di un breve lasso di tempo dalla conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro. Il legislatore non stabilisce il periodo massimo che deve intercorrere tra la conoscenza del fatto e l’avvio del procedimento disciplinare, per cui esso deve essere adeguato alle circostanze del caso concreto, come le dimensioni dell’azienda o la complessità dei fatti oggetto della contestazione.

La giurisprudenza, infatti, spiega che il requisito della immediatezza della contestazione va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare l’iniziativa datoriale (Cass. 458/2025).

Il datore di lavoro non può sanzionare il dipendente per fatti diversi da quelli contestati: deve esserci coincidenza tra le informazioni e le circostanze contenute nella contestazione e quelle incluse nel successivo provvedimento disciplinare che non deve, dunque, contenere circostanze nuove.

Cosa deve intendersi per “circostanze nuove”?

Sono quelle che mutano la tipologia dell’illecito e che, quindi, si sostanziano in un fatto storico nuovo in quanto mai contestato.

Sono, invece, ammesse le circostanze che consentano un migliore apprezzamento del disvalore del fatto addebitato e della sua incidenza sullo svolgimento del rapporto: il datore di lavoro può dedurre circostanze confermative o integrative che non mutino l’oggettiva consistenza storica dei fatti oggetto della contestazione (Cass. 1998/2025).

Non integra, pertanto, violazione del principio di necessaria corrispondenza tra addebito contestato e addebito posto a fondamento del licenziamento la diversa qualificazione giuridica, nella lettera di contestazione disciplinare e nella sanzione, del medesimo fatto materiale (Cass. 26043/2023).

Il legittimo esercizio del potere disciplinare del datore presuppone che il dipendente sia messo in condizione di esercitare il diritto di difesa.

Ciò è possibile qualora il dipendente possa conoscere i comportamenti vietati grazie a un codice disciplinare debitamente pubblicato – salvi i casi in cui i comportamenti vietati siano immediatamente percepibili come tali – e riceva tempestivamente una contestazione dal contenuto chiaro e dettagliato.

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