Part-time e incremento stabile della clientela. Quando è legittimo il licenziamento?
La Cassazione con ordinanza del 15.04.2025 n. 9901 ha dichiarato legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto a un incremento stabile della clientela che aveva comportato la necessità di assumere una risorsa a tempo pieno, in considerazione del fatto che il dipendente licenziato – part-time con mansioni di contabile – avesse dato disponibilità a lavorare soltanto per qualche ora in più, sporadicamente e solo per i clienti a lui già assegnati.
Nel caso in esame, inoltre, l’azienda aveva correttamente adempiuto l’obbligo di repechage dimostrando che non fosse percorribile alcuna diversa soluzione organizzativa come la redistribuzione del lavoro interno o la diversa collocazione del dipendente in altre mansioni.
Superamento del comporto: è possibile sostituire l’assenza per malattia con le ferie?
La Suprema Corte con ordinanza n. 9831 del 15.04.2025 (in fase di oscuramento) ha confermato il principio secondo cui il lavoratore assente per malattia possa chiedere espressamente di fruire delle ferie al fine di interrompere il periodo di comporto ed evitarne il superamento.
A tale facoltà non corrisponde, però, un obbligo del datore di lavoro di accogliere la richiesta ove ricorrano ragioni organizzative di natura ostativa concrete ed effettive, in un’ottica di bilanciamento di interessi contrapposti nonché nel rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede.
Resta inteso che – in ogni caso – un tale obbligo non è ragionevolmente configurabile qualora il lavoratore abbia la possibilità di fruire e beneficiare di regolamentazioni contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del comporto, come nel caso in cui le parti sociali abbiano previsto al tal fine il collocamento in aspettativa non retribuita.
Dimissioni per fatti concludenti. Il Ministero del Lavoro conferma il limite per i CCNL
Con risposta ad interpello n. 2504 del 10.04.2025 il Ministero del Lavoro ha fornito i chiarimenti interpretativi – sollecitati dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro – sulla circolare n. 6 del 27 marzo 2025 recante le prime indicazioni applicative delle disposizioni previste dalla legge 13 dicembre 2024, n. 203 (c.d. Collegato lavoro).
Il Ministero ha evidenziato come il legislatore abbia introdotto una nuova procedura di dimissioni per fatti concludenti, applicabile in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta per un certo numero di giorni. Tale meccanismo si fonda sulla presunzione legale che un’assenza non motivata e prolungata da parte del dipendente per un periodo superiore a 15 giorni possa essere considerata una manifestazione implicita della volontà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e vada, quindi, equiparata alle dimissioni.
Nella nota in esame il Ministero del Lavoro ha confermato la posizione già espressa nella precedente circolare: la soglia dei 15 giorni di assenza ingiustificata costituisce un limite inderogabile in pejus da parte della contrattazione collettiva: i CCNL potranno eventualmente prevedere un termine più lungo, ma non più breve, essendo necessario contemperare il principio della libertà contrattuale delle parti sociali con l’esigenza di tutela del lavoratore da una definitiva espulsione dal contesto lavorativo priva di un’adeguata giustificazione, al fine di evitare effetti abusivi o distorsivi sul rapporto di lavoro.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro dice no all’anticipo del TFR in busta paga
Con Nota del 03/04/2025 n. 616 l’INL si è pronunciato sulla legittimità della prassi, riscontrata dal personale ispettivo, di anticipo mensile del TFR in busta paga.
Il trattamento di fine rapporto rappresenta una somma di denaro che viene accumulata mensilmente dal datore di lavoro, per conto del dipendente, allo scopo di assicurare un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
L’istituto è disciplinato dall’art. 2120 c.c. che individua i criteri di calcolo del TFR e le condizioni in presenza delle quali il lavoratore può richiedere l’anticipazione del trattamento.
L’ultimo comma dello stesso articolo rimanda alla contrattazione collettiva o ai patti individuali l’introduzione di condizioni di miglior favore relative all’accoglimento delle richieste di anticipazione.
In virtù della collocazione sistematica del rimando operato dal decimo comma dell’art. 2120 c.c., che si pone al termine della disciplina delle anticipazioni del TFR, si deve ritenere che la pattuizione collettiva o individuale possa avere ad oggetto una anticipazione dell’accantonamento maturato al momento della pattuizione e non un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile che, a questo punto, costituirebbe una mera integrazione retributiva con conseguenti ricadute anche sul piano contributivo.
Tale operazione, peraltro, sembrerebbe contrastare con la stessa ratio dell’istituto che, come detto, è quella di assicurare al lavoratore un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.

